Da psicoterapeuta rispondo a domande di ben-essere. Da cristiano mi occupo di altro? La salvezza che credo e annuncio in Cristo ha a che fare con le problematiche di vita dei pazienti che si rivolgono a me? La Rivelazione e quindi la spiritualità cristiana hanno una valenza psicoterapeutica? Oppure c’è un’antitesi tra un Al di qua e un Al di là, tra la ricerca di una Qualità della vita e la difesa di una Sacralità della vita (G. Fornari in bioetica) per cui o si cerca il regno quaggiù oppure si cerca quello lassù? Ma se così fosse come si può annunciare la bellezza di una vita eterna se prima non si assapora la bellezza della vita tout court? Come si può far intuire una Resurrezione a chi fosse depresso o disperato? Come una paternità, a chi non avesse avuto padre? O un amore materno o nuziale, a chi non l’avesse sperimentato? Come rispondo alla domanda di un adolescente che mi dice: “Per favore non mi dica che ci sarà una vita dopo la morte, l’unica mia consolazione è che questo schifo finisca qui”? L’amore per il paradiso e la vita eterna danno per scontato il desiderio di vita e la gioia dell’amore nuziale, così come l’amore per il prossimo dà per scontato l’amore a sé. Ma se salta l’umano, salta anche l’attesa di una redenzione. E oggi categorie come quelle di maschile e femminile, di paternità o nuzialità, di legame di carne e appartenenza, stanno saltando; la percezione stessa di una vita dotata di senso (cioè non dal caso e a caso, ma da una Intenzione e con una missione da realizzare) e di continuità (non nata e finita nell’attimo) sta saltando; la consapevolezza stessa di una realtà altra, al di là di me, sta saltando e infine la consapevolezza del desiderio di un’alterità e del desiderio di essere da essa desiderati (in un mondo virtuale auto-creato e gestito con un click il Costruttivismo non è più solo l’azzardo teorico di una élite: è la assurda normalità di una massa inconsapevole). Se Gesù incontrasse oggi la Samaritana forse alla domanda “va a chiamare tuo marito” si sentirebbe rispondere: “Non mi serve più avere marito, ora con un click posso costruire tutto ciò di cui ho bisogno”.
La pratica clinica e l’esperienza educativa, oltre alla vita quotidiana, ci mettono davanti l’urgenza non tanto di salvare l’uomo, ma prima di risvegliarlo al suo stesso desiderio di salvezza; ci segnalano la necessità, prima di proporre il Nome di Dio, di ri-chiamare per nome l’uomo stesso. Di ri-“chiamarlo” dal Principio. Prima dell’annuncio di un Compimento, va ridestata in lui l’attesa di un Desiderio, la consapevolezza di una Speranza e di una Promessa in cui è posto (promessa = messo per). Da una Intenzione che lo precede. E che desidera essere riconosciuta (con riconoscenza!) e desiderata. In modo nuziale.